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martedì 24 settembre 2013

E adesso è fin troppo «razionale»

A cura di Danilo Serra


Il calcio è vita, realtà, evento (Ereignis) segnato essenzialmente dalla dimensione della finitezza e della storicitàÈ il gioco dell'anima bella, l' «esistere» per antonomasia, l' «ambiente» (Umwelt) di chi sa connettere ed ancorare «grazia» «dignità». Pur essendo esonero (in quanto «sospensione») dalla realtà empirica e quotidiana, il calcio ha la peculiare capacità di porre in evidenza un «essere vincolati» a delle norme intersoggettive tendenti a definire e regolare gioco e giocatore. La razionalità legislativa, propria del gioco del calcio, conduce ad un «so-stare su un terreno comune», sottoponendo i giocatori a regole perentorie da incanalare per vivere la «vita» del calcio. 
Ma questo calcio, oramai fin troppo "dogmatico", succube dell'imperante «mondo iper-industrializzato», ci ("a noi") ha inevitabilmente condotti verso uno status di apatia, fastidiosamente respirabile, difficile da accettare e smantellare. 
Al calcio d'oggi mancano fantasia ed irrazionalità: il calcio moderno è privo di ebbrezza. Dov'è finita la follia? Dove la magia? Dove la tragedia? Dove Eschilo? Dove Sofocle? 
Al Diavolo le razionali logiche commerciali a-sentimentali. Al calcio manca la sua reale essenza dionisiaca, inghiottita ed obliata dallo scorrere calcolante dell'era "automatica" e "tecnologica".

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« È assurdo avere una regola severa e fissa a proposito di ciò che uno deve o non deve leggere. Più della metà della cultura moderna dipende da ciò che uno non può leggere ». [Oscar Wilde]