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domenica 10 marzo 2013

Gianni Vattimo: Addio alla Verità. Oltre la Metafisica oggettivante.

A cura di Danilo Serra

La speculazione filosofica dell’italiano Gianni Vattimo prende spunto dalla personale interpretazione ermeneutica condotta minuziosamente sui testi di due pedine fondamentali e fondanti della storia della filosofia contemporanea, Nietzsche e Martin Heidegger, due autori aventi il merito di aver paradossalmente ricondotto il suo vissuto verso un Cristianesimo ritrovato, un Cristianesimo non più religioso ed “istituzionalizzante”.
Nietzsche è l’autore che ne ‘La gaia scienza’ (Die fröhliche Wissenschaft) non ha avuto alcun timore e tremore nel fare pronunciare ad un interessante personaggio la morte di Dio, “Dio è morto!” [Gott ist tot!].
Heidegger, soprattutto il “secondo” Heidegger, quello della “svolta”, la Kehre come si usa dire, ha combattuto filosoficamente contro un pensiero metafisico onto-teologico, colpevole di aver miseramente taciuto ed obliato l’Essere, ciò che in termini heideggeriani viene a configurarsi come il più pre-occupante (ein Bedenkliches), ciò che ci (‘uns’a noi) pre-occupa e ci coinvolge prima di ogni altra cosa.
Nietzsche e Heidegger sono dunque in Vattimo protagonisti di una battaglia dialettica che impreca ed invoca l’addio alla Verità (non a caso ‘Addio alla Verità’ è anche il titolo di una delle opere recenti di Gianni Vattimo). In loro, il dibattito filosofico ha almeno un punto di convergenza: non si da alcuna fondazione ultima e normativa. È questo il senso di quella che Vattimo definisce l’epoca del pensiero debole, epoca nella quale la Filosofia diviene s-fondamento, “fare vedere che non c’è nulla di veramente fondato”. Tutto è accadimentoorizzonte di sensocaducità storico-temporale. La debolezza del pensiero [debole] consiste nel suo non essere più in grado di rispondere fermamente alla domanda di leibnieziana memoria: perché [esiste] Qualcosa anziché Niente? Di cosa possiamo affermare con evidenza di essere certi?
“Di tutto ciò di cui non si può parlare si deve tacere”Con questa ambigua proposizione Wittgenstein de-terminava il suo Tractatus Logico-Philosophicus, l’unico testo da lui pubblicato in vita.
L’addio alla Verità si compie in maniera silenziosa. Dinanzi alle grandi meditazioni metafisiche il velato protagonista è solo il silenzio. Possiamo ancora parlare di Verità nell’epoca dell’incertezza e dell’abbandono della ricerca de-finitiva di/in un fundamentum inconcussum?
Karl Popper, filosofo ed epistemologo austriaco, ha mostrato a tutti come sia piuttosto illusorio cercare fondamenti anche nella scienza.
Abbiamo creduto che tutti i cigni fossero bianchi finché non abbiamo visto con i nostri occhi i cigni neri d’Australia. Non è possibile dimostrare vera, assolutamente vera, qualsiasi teoria; mentre è logicamente possibile smentire, a suon di fatti contrari, una teoria. Non possiamo verificare (farla vera) una teoria, ma ci è possibile falsi-ficarla (farla falsa). Insomma, la dimensione del fallibilismo e dell’errore (produttivo) abitano il piano scientifico, ciò che un tempo, nei termini di pensiero positivo, veniva universalmente concepito con la immota nomea di ‘campo di conoscenze assolute e sempre vere’.
L’unico punto pressoché certo nel naufragio è il punto interrogativo”, sottolinea lo scrittore e poeta libanese Salah Stétié. Siamo certi di vivere nell’incertezza, nella debolezza, nella non-assolutezza, nella limitatezza. E questa è stata la più grande conquista della prima vera rivoluzione scientifica del secolo scorso, revolutio che ha smembrato, tra le altre cose, la validità suprema del principio deterministico, rivelando, ad esempio, i limiti degli assiomi dell’identità della logica classica ed i limiti propri della conoscenza umana.
Riagganciandoci al tema esposto in principio, possiamo in Vattimo parlare di verità solamente nei termini di ‘senso’ [orizzonte di senso], del senso che un dato ha entro un pro-getto; un senso (a noi e per noi) che di-viene un ‘porre’, un ‘determinare’, ‘ciò che noi mettiamo alle cose’. Lo stare all’interno di un ambito in-stabile (nulla si dà e si concede definitivamente) in cui l’Essere lascia essere, salvaguarda e tutela l’etica della libertà (o etica della debolezza), secondo la quale io sono libero in quanto libero di im-porre un senso. Se c’è una realtà oggettiva, Vera, assoluta, io non sono libero, poiché non sono libero di esibire le mie argomentazioni e di pro-gettarmi esserCi attivo e pensante. L’addio alla Verità vuole dunque essere l’addio ad uno sguardo unilaterale, l’addio alla repressioneLa verità è sempre accompagnata dalla violenza. Ad esempio, evidenzia Vattimo, il mondo cattolico, affermando le verità naturali della Famiglia (unione ‘naturale’ di uomo e donna) attua una lotta repressiva nei confronti dei diritti omosessuali. Il richiamarsi ad una Verità fissa, stabile, determinata, porta così alla repressione/violenza.
L’addio alla verità implica l’impossibilità di pensare l’Essere metafisicamente inteso: fissità, fermezza, fondamento, Subiectum (hypokèimenon), “ciò che sta sotto”, “ciò che sussiste di per sé”. Nell’epoca della post-modernità, epoca della post-metafisica, l’Essere può essere pensato solo e semplicemente come inviotrasmissione, destino (ciò che destina, che ‘fa essere’), evento, ‘Ereignis’, così come ha insegnato l’intera tradizione fenomenologica husserliana.
«Un Dio “diverso” dall’essere metafisico non può più essere il Dio della verità definitiva e assoluta che non ammette alcuna diversità dottrinale. Per questo lo si può chiamare un Dio “relativista”. Un “Dio debole”, se si vuole, che non svela la nostra debolezza per affermarsi a propria volta come luminoso, onnipotente sovrano, tremendo, secondo i tratti propri del personaggio (minaccioso e rassicurante) della religiosità naturale-metafisica».
Così “parlò” Vattimo in una delle pagine più profonde ed incisive del suo ‘Addio alla Verità’.
Il Dio della post-metafisica è il Dio del Libro, il Dio del Vangelo, il Dio della Non-Religione. Il Cristianesimo non religioso è il Cristianesimo dell’intimità, della singolarità, dell’interpretazione [orizzonte di senso], del silenzio, in antitesi al Dotto Cristianesimo istituzionalizzante. Richiamandosi alle dimensioni interiori e soggettive, ‘In interiore homine habitat Veritas’, il Logos cristiano distrugge ogni Assoluto Terrestre ed ogni Metafisica oggettivante e tecnicizzante.
L’Incarnazione, il senso stesso del Cristianesimo, è l’Idea di un Dio che rinuncia alla sua forza suprema, al suo carattere imperativo ed imperante, facendosi debole tra i deboli, umile tra gli umili. Il Dio relativista e debole è il Dio che rinuncia alla sua Onnipotenza. È un Dio che s’incarna, che si ossifica, che si materializza, che si svuota. Questo è il destino comune (Ge-schick) della metafisica, l’Oltre della metafisica stessa, la Kenosis (vacuità) in quanto svuotamento, Evento storicoessenza del Cristianesimo Anti-Metafisico.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciarpume e balordaggini.

Anonimo ha detto...

Spiegati meglio...

« È assurdo avere una regola severa e fissa a proposito di ciò che uno deve o non deve leggere. Più della metà della cultura moderna dipende da ciò che uno non può leggere ». [Oscar Wilde]